giovedì 31 dicembre 2009
mercoledì 30 dicembre 2009
USURA MONETARIA... Dal corso di formazione militante tenuto nella sede di Forza Nuova Crotone - Agosto 2009.
La moneta nasce al fine di sopperire ad un'esigenza concreta dell'economia di scambio. Avere a disposizione ricchezza attuale da scambiare con ricchezza futura. Il baratto, infatti, consente uno scambio tra beni che sono esistenti nello stesso momento. Ma come fare per scambiare due beni che non esistono nello stesso momento (si pensi, ad esempio, ai prodotti alimentari che sono soggetti a diversi tempi di maturazione e raccolto)?
A tal fine nasce la moneta.
In principio la moneta viene coniata ricorrendo all'utilizzo di materiali preziosi quali l'oro e l'argento. In tal modo la moneta poteva essere scambiata su qualsiasi mercato poiché, anche prescindendo dal valore nominale della stessa, essa era in sé un bene prezioso poiché raro era il materiale di cui era composta.
L'evoluzione dei traffici economici spinge una nuova classe emergente, quella dei mercanti, a ricorrere a strumenti più veloci ed efficienti per effettuare i pagamenti. In un'epoca dove la navigazione è ancora molto rischiosa si rende poco conveniente portar con sé dell'oro sotto forma di moneta. Al fine di rimediare a questo inconveniente si sviluppano in Europa, accanto alla classe dei mercanti, i primi banchieri.
I banchieri ricevono in deposito il denaro (l'oro) dai mercanti e consegnano a questi dei documenti (cartacei) con l'ordine di pagare alla presentazione di detto foglio il medesimo quantitativo di denaro che si trova presso il banchiere di un'altra piazza.
L'operazione è molto conveniente: se io, mercante, voglio sviluppare i miei traffici nelle Indie posso recarmi presso un banchiere in Europa e, senza correre il rischio di dover portare su una nave molto oro, posso con un semplice pezzo di carta ricevere quell'oro a migliaia di chilometri di distanza; in fondo è vero che non riceverò proprio il mio denaro, ma il denaro è sempre lo stesso. Ciò che conta è che la gente riconosca che il pezzo di carta che mi ha dato il banchiere in Europa possa essere usato nelle Indie come se fosse oro, poiché chi prenderà detto foglio potrà sempre recarsi da un altro banchiere ed ottenere dell'oro.
Tale operazione comporta due vantaggi per il banchiere: il primo, palese, è dato dal prezzo per l'operazione effettuata (il banchiere è, infatti, un imprenditore privato che offre un servizio e pertanto ottiene un corrispettivo per lo stesso); il secondo, occulto, deriva dalla possibilità di zigrinare la moneta ed ottenere un po' d'oro da questa (la testimonianza di questa operazione di zigrinatura si scorge ancora oggi sulle monete presenti in tutto il mondo, queste infatti sono zigrinate sui bordi in "omaggio" a questa antica pratica), oro di cui il mercante si appropria senza pagare alcunché.
Tale sistema determina la nascita dei titoli di credito: il foglio di carta su cui c'è scritto quanto oro ha il soggetto che possiede il foglio stesso diventa, nella comune percezione delle persone, non più rappresentativo di un bene (l'oro), ma dotato di un proprio valore (estrinseco, poiché deriva dall'esterno cioè dalla gente, a fronte di un valore intrinseco pari a zero; il titolo non è altro che un comune pezzo di carta).
Detta pratica appare così agevole che con il passare dei secoli anche le monete vengono soppiantate dalle banconote in virtù di una semplice operazione: piuttosto che battere tante monete si decide di stampare tante banconote che corrisponderanno a quanto oro verrà depositato a chi stampa la moneta. Nasce così la carta-moneta. Se ad esempio mi vengono dati 10 chili di oro ed emetto 10 banconote ogni banconota avrà un controvalore in oro di 1 chilogrammo di oro.
Pertanto ad ogni banconota corrisponde un determinato quantitativo d'oro, in modo inversamente proporzionale al numero di banconote emesse; tale rapporto determina il valore della moneta ed, in teoria, più grande sarà il quantitativo di oro rappresentato maggiore sarà il valore della moneta. In virtù di questo sistema si vengono a determinare sul mercato internazionale i rapporti di cambio tra le valute.
Tale sistema dell'oro, almeno in teoria, ha un suo obiettivo: garantire gli scambi internazionali. Se ad esempio ricevo un pagamento in dollari americani so che potrò sempre chiedere la conversione in valuta locale e successivamente andare in banca ed ottenere dell'oro.
In realtà mai nessuno è andato in banca a chiedere l'oro. Ed è proprio per questa constatazione che nel 1944 (poco prima della fine della seconda guerra mondiale) viene siglato un accordo nella città di Bretton-Woods al fine di creare (dal nulla) un nuovo parametro di conversione: la media ponderata tra il valore delle principali monete dell'epoca.
Qualche decennio dopo, in forza di quel famoso accordo si è deciso di poter garantire l'emissione con la stessa moneta emessa (giacché il valore di quest'ultima non era più collegata ad un parametro interno, cioè l'oro detenuto dal singolo Paese, ma dalla media ponderata delle varie monete) giacchè si è deciso di ancorare il valore della stessa a nuovi parametri quali il rapporto tra deficit e P.I.L.1 Le banche pertanto non sono più tenute ad avere dell'oro in banca ma, accanto a questo, tante banconote in base al rapporto di cui sopra. In pratica la carta garantisce la carta2.
Il problema è che quella carta ha un costo.
E questo costo non è quello di produzione: cioè quello della lavorazione della materia prima, della stampa e della distribuzione. In realtà tutta la carta che viene prodotta viene prestata agli Stati in base al valore che sulla stessa è impresso, a cui si deve aggiungere un tasso d'interesse (variabile in base a dei parametri che non hanno nessuna logica) quale costo dell'operazione di prestito.
Ma quale rischio ha sostenuto l'imprenditore privato che produce la carta, o meglio le banconote?
Nessuno.
Avete capito bene: Nessuno.
Se pensiamo a quella che è la definizione comunemente accolta di imprenditore (soggetto che svolge un'attività economica assumendosi il rischio della stessa) comprendiamo come la banca non può essere considerata tale, ed infatti per i più la banca centrale è pubblica.
Ma ciò è falso.
La banca centrale italiana viene comunemente chiamata Banca d'Italia; in realtà è una società privata3, come la FIAT o la Ferrero, che presta i soldi allo Stato italiano. O meglio li prestava, giacché attualmente Bankitalia S.P.A. (con sede alle isole Cayman, il paradiso fiscale) è socia di un'altra società privata, la Banca Centrale Europea, che presta il denaro che stampa a tutti gli stati dell'Unione Europea.
Pensate che ciò sia falso? Domandatevi allora: chi è il creditore pubblico?
Se esiste un debito deve necessariamente esistere un credito e, poiché debito e credito fanno rispettivamente capo a dei soggetti, deve necessariamente esserci un creditore ed un debitore. Tali soggetti per forza di cose non possono essere la stessa persona: potete forse voi essere creditori e debitori di voi stessi? Potete chiedere a voi stessi un prestito e corrispondervi un interesse dell'1%?
Certamente no, a meno che non siate pazzi.
Se ciò è chiaro bisogna allora domandarsi: ma se lo Stato ha un debito (pubblico, proprio perché è dello Stato) chi vanta questo credito?
La banca centrale. Che non può essere dello Stato poiché se così fosse lo Stato sarebbe così deficiente da indebitarsi con se stesso.
Lo Stato purtroppo non è deficiente; è qualcosa di peggio.
Lo Stato attribuisce il potere di stampare moneta a delle società private, le banche centrali, e si indebita con queste perché pensa non di ricevere della carta ma il valore nominale che sulla carta è impresso.
Posto che la banca centrale è una società privata questa operazione ha un costo: l'interesse. Il saggio di interesse che la banca centrale applica è il prezzo che lo Stato deve pagare per avere il suo denaro.
Il denaro emesso, infatti, riceve valore poiché lo Stato lo riconosce come buono.
In realtà così facendo lo Stato si indebita senza via di fuga e perde ogni potere.
Se tutto dipende dal denaro chi controlla il denaro controlla tutto. Un medico può anche prestare la sua opera gratuitamente, ma avrà sempre bisogno degli strumenti per curare i suoi pazienti e se non ha il denaro non potrà acquistarli.
Ma perché non vi è via di fuga?
La risposta è molto semplice: perché l'interesse non esiste.
Se la banca centrale presta allo stato 100 banconote con un interesse dell'1% annuo alla fine dell'anno lo Stato dovrà restituire 101 banconote.
Corretto.
Ma in realtà le sole banconote esistenti sono 100, è solo la banca centrale che crea le banconote e queste sono 100; non ne esistono 101 e non ne esisteranno mai.
In tal modo tutti gli Stati si rendono schiavi delle banche che diventano così creditori di tutti i popoli della terra.
Ed a causa di questo interesse che lo Stato è costretto a tassare la ricchezza prodotta: le tasse, infatti, servono a pagare i servizi che lo Stato offre ai suoi cittadini. Per pagare questi servizi usa il denaro che riceve in prestito, che pertanto non appartiene allo Stato4.
Lo Stato, ovviamente, riconosce che quel denaro è "buono"5.
Ma questo denaro non gli appartiene, non è suo. Lo Stato, pertanto, è costretto a chiedere ai cittadini le tasse per pagare i suoi debiti (questa volta però il denaro non viene chiesto in prestito ma viene "sottratto" per sempre ai cittadini; così facendo questi si vedono sottratti parte del denaro che hanno lavorato).
Ma questo debito, che viene definito pubblico proprio perché fa capo allo Stato, non può essere saldato poiché il denaro richiesto per pagare il debito non esiste.
Ed allora cosa si fa?
Si riduce la spesa pubblica. Si chiedono cioè meno soldi alla banca centrale, si spendono meno soldi in servizi e si spera che tutti paghino le tasse.
Ma anche questo è inutile perché quell'interesse non può essere pagato: NON ESISTE!!
In realtà se la moneta fosse emessa dallo Stato non sarebbe necessario pagare le tasse. Infatti verrebbe emesso denaro in relazione ai servizi da offrire al popolo. Ed i lavoratori vedrebbero tutelati i loro sforzi poiché il denaro guadagnato rimarrebbe integralmente nelle loro tasche.
Ma quello della tassazione che non potrà mai pagare il debito pubblico non è l'unico problema. Ce n'è un altro: l'inflazione.
L'inflazione è il rapporto esistente tra la quantità di denaro emessa ed i beni circolanti.
Più denaro c'è in circolazione più costano i beni. E questo prezzo aumenta perché essendoci tanto denaro vuol dire che ogni singola banconota conterrà meno oro6.
A che voi direte: ma se oggi non c'è più l'oro questo discorso perde totalmente senso.
Ed infatti così dovrebbe essere ma, grazie a questo "simpatico" fenomeno, la banca emette meno moneta ad un costo più alto per far si che l'inflazione resti bassa.
Apparentemente lo fa per il bene dello Stato, in realtà lo schiavizza due volte: lo costringe a spendere di meno in servizi da un lato, e dall'altro determina delle fluttuazioni, volute e dannose, dei prezzi che annullano il ruolo dello Stato nel controllo dell'economia.
Se non circola denaro non posso produrre poiché non c'è denaro per comprare ciò che produco, al bene attuale non corrisponde un'unità di misura (il denaro) perciò la ricchezza presente non potrà essere scambiata con quella che verrà prodotta in futuro.
Ad esempio, se io produco 10 mele ed un altro 10 bottiglie di vino in teoria io posso scambiare ogni mela per una bottiglia o anche 2 mele per ogni bottiglia. La proporzione tra mele e bottiglie, 1 a 1 o 2 a 1, non è causale ma è determinata dalla legge delle domanda e dell'offerta: nel senso che se insieme a me c'è un altro che produce mele ed è disposto a pagare 2 mele per ogni bottiglia allora chi vende le bottiglie avrà interesse a vendere per 2 mele.
Il denaro serve solo ad evitare che io debba girare con un cesto di mele per far la spesa. Vendo le mele, mi danno dei pezzi di carta che io riconosco corrispondere al valore delle mele; do i pezzi di carta ad altri che, riconoscendo un valore a questa carta, mi danno in cambio i beni che loro producono.
Se il sistema funzionasse così non ci sarebbero problemi. Tanti beni tanta carta.
Ovviamente non tutti i beni esistono nello stesso momento. Pertanto è necessario che il denaro venga dato a chi produce i beni quando questi vengono ad esistenza.
Nella realtà il denaro viene creato senza tener conto di quanti beni verranno prodotti. O meglio, si fanno dei calcoli ma se poi si producono più o meno beni non si provvede ad aumentare o a diminuire il denaro circolante; non lo si fa perché quel denaro è stato dato in prestito e pertanto lo Stato l'ha già pagato.
E ciò è sbagliato perché il denaro non è altro che uno strumento di misura! Se devo misurare quant'è alto un muro non ricorrerò all'utilizzo di un metro da sarto, lungo appena 200 cm, ma utilizzerò un metro da carpentiere che mi permetta di avere la lunghezza giusta per effettuare la misurazione. E così dovrebbe essere per la moneta.
La moneta è infatti lo strumento con cui si misura il valore di scambio dei beni: se per un chilo di pane occorrono due bottiglie di latte dovrò emettere tante monete in modo da rispettare questa proporzione.
Darò, ad esempio, due euro a chi produce il pane ed un euro a chi produce il latte (cioè 50 cent per ogni bottiglia). In questo sistema il valore base di riferimento è la bottiglia di latte. Se questo rapporto viene mantenuto costante in base all'andamento della produzione, cioè per ogni nuovo chilo di pane vengono emesse monete così come per ogni bottiglia di latte, l'inflazione scompare.
Pertanto chi vende il bene oggi a quel dato prezzo sa di poter acquistare tot beni anche domani e dopodomani così come tra un anno.
Nella realtà questa previsione viene vanificata poiché non viene emesso il denaro in corrispondenza dei beni realmente prodotti. E non viene emesso poiché quel denaro, come detto prima, ha un costo. E questo costo fa aumentare il prezzo stesso dei beni che pertanto viene determinato da un prezzo reale (dato dai costi di produzione) e da un prezzo riferibile alla minor quantità di denaro esistente rispetto ai beni prodotti.
Di conseguenza se non circola denaro non vale la pena produrre, perché se è vero che ci saranno beni che costeranno più del loro valore reale ce ne saranno altri che costeranno di meno del loro valore reale; pochi ricchi e molti poveri non fanno un Paese felice, anche se si è in vetta alle classifiche mondiali (vedi Cina ed India).
Infatti, come nel caso della coperta troppo corta o ci si copre i piedi o le spalle; se c'è poco denaro ci sarà qualcuno che ne ha tanto ed altri che ne avranno poco o affatto. E chi ne ha molto non può certo assorbire tutta la produzione: in una crisi di liquidità come quella attuale (dove le banche mettono in circolazione poco denaro) la produzione dei beni comuni tende a ridursi mentre quella dei beni di lusso ad aumentare.
Nel caso in cui circoli troppo denaro lo Stato perde la Sua sovranità monetaria. Troppo denaro sta a significare che le banconote valgono sempre meno oro7; la gente, pertanto, tende a richiedere il pagamento con moneta forte (a cui corrisponde un quantitativo d'oro maggiore). Ma se i cittadini di uno Stato non riconoscono per buona la loro moneta allora non riconoscono come loro neanche il proprio Stato che pian piano perde autorevolezza e lentamente scompare (vedi la fine dell'U.R.S.S.).
Da quanto detto si desume che ciò che regge le sorti dello Stato è la banca centrale. Un soggetto privato che decide quante tasse dobbiamo pagare, quanta gente deve morire per mancanza di ospedali, quanti anni di mutui dovremmo pagare per essere proprietari delle nostre case.
E che sacrifici compie questo soggetto privato?
Nessuno.
Stampa moneta; è vero stampa della carta raffinata, ma sempre carta è. E presta questa carta allo Stato, il quale riconosce questa carta come la propria moneta ma non sa che non potrà mai pagarla. Perché la carta che serve per pagare la carta non esiste.
Cos'è il signoraggio dunque?
E' la differenza tra il costo della carta (la banconota, circa 30 centesimi di euro) ed il valore nominale impresso sulla banconota (ad es. 500 euro). Basta un attimo per stampare un po' di banconote ed avere ottenuto un profitto stratosferico (la differenza tra 500 e 0,30 euro moltiplicato per tutte le banconote da 500 € che vengono prodotte e così via per i diversi tagli).
Ma non è finita qui.
Lo Stato deve pagare l'interesse; perché questa carta a cui tu Stato dai il nome di moneta non è tua, è della banca.
Vi sembra che non ci sia soluzione? Sbagliato!
La soluzione c'è; è semplice:
Revocare alle banche il diritto di emettere moneta;
Stampare la moneta in proprio, quindi senza dover pagare interessi.
Così facendo si elimina il debito pubblico, si creano i servizi necessari e si eliminano le tasse.
Non è impossibile; è così semplice che sembra irreale.
L'unica follia è pretendere di dover pagare un debito che è impossibile pagare; dover restituire ad una banca una somma aumentata degli interessi senza che questa abbia affrontato alcun sacrificio.
Forse quanto detto non vi convincerà. Ma non c'è nulla di cui convincersi; questa è solo la verità.
Tutti i soggetti qualificati a cui chiederete delucidazioni sulla questione vi diranno che ciò che è scritto in queste poche pagine è follia; vi diranno che il compito della Banca centrale è quello di tenere basso il debito pubblico. Ebbene, quando sentirete parlare di debito pubblico chiedetevi e chiedete loro chi è il Creditore Pubblico.
Chiedetevi perché non vi parlano mai del creditore; di certo non può essere lo Stato: non è possibile essere debitore e creditore di se stessi.
E soprattutto chiedete loro come pagare un interesse che non esiste, da dove far saltare quella moneta che corrisponde all'interesse e che non è stata mai prodotta.
Continuate a pagare le tasse, continuate a lavorare per il Creditore. Il suo credito non si estinguerà mai, e voi trascorrerete fino al 50% della vostra vita lavorativa a lavorare inutilmente per lui.
E' lui che fa le regole del gioco e mentre noi giochiamo a risolvere i problemi con la politica lui ci schiavizza con la nostra moneta.
Se pensate che le cose son così e non si possono cambiare allora resterete degli schiavi per sempre; una catena d'oro è sempre una catena. Come dice Ezra Loomis Pound: Schiavo è colui che aspetta l'aiuto di qualcuno per essere liberato.
1 Cioè il rapporto tra la spesa pubblica (deficit; inclusivo del debito dello Stato nei confronti della Banca centrale) ed il Prodotto Interno Lordo (cioè la ricchezza prodotta).
2 In realtà ciò è in parte vero: la quantità di denaro che le banche devono tenere depositate presso le loro casse è pari al 2% dei depositi. Se una banca ha depositi per 100 presso le sue casse vi saranno solo 2 (c.d. riserva frazionaria). E gli altri 98? Gli altri 98 vengono prestati a coloro che hanno bisogno di denaro o in investimenti ad opera della stessa banca. Chi deposita è invogliato a farlo perché riceve un interesse e di solito lascerà sempre una certa somma sul suo conto; questo denaro che resta sul conto non rimane lì fermo altrimenti la banca dovrebbe creare l'interesse dal nulla. Ed allora che fa? Lo presta a chi ha bisogno di denaro per un interesse maggiore di quello che ottiene chi deposita. Rischia il suo denaro? Assolutamente no! Rischia il denaro dei risparmiatori e lucra la differenza tra l'interesse di chi chiede un prestito e l'interesse che deve pagare al risparmiatore. Questo interesse può essere più o meno alto ma, ad ogni modo, è "tutto grasso che cola" perché per ottenerlo non è stato fatto alcun sacrificio.
3 Le quote di partecipazione al suo capitale sono per il 94,33% di proprietà di banche private e assicurazioni, per il 5,67% di enti pubblici (INPS e INAIL).
I pricipali soci sono i seguenti: Intesa San Paolo S.P.A. (capitale: 30,3%; voti: 50), UniCredito Italiano S.P.A.(22,1%; 50), Assicurazioni Generali S.P.A. (6,3%; 42), Cassa di Risparmio di Bologna S.P.A. (6,2%; 41), INPS (5%; 34), Banca Carige S.P.A.(4%; 21), Banca Nazionale del Lavoro S.P.A.(2,8%; 21), Banca Monte dei Paschi di Siena S.P.A. (2,5%; 19), Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.P.A. (2,1%; 16), cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.P.A. (2%; 16).
4 Nessuno può prestare a se stesso ciò che è suo; il prestito necessita di due soggetti diversi: chi presta il bene e chi lo riceve in prestito. Lo Stato riceve in prestito il denaro che appartiene alla Banca centrale.
5 Tutti i cittadini, infatti, considerano il denaro emesso dalla Banca centrale quale idoneo mezzo per effettuare i pagamenti presenti e futuri; è cioè una valida unità di misura della ricchezza poiché può trasformarsi in qualsiasi bene.
6 Questo è quello che accadeva fino a qualche decennio fa. Il riferimento all'oro viene ripreso nel testo perché è più intuitivo per capire come la moneta tenda a svalutarsi. Oggi al parametro oro viene sostituito, per determinare il valore della moneta, il rapporto deficit/P.I.L. .
7 Si utilizza qui il riferimento alle riserve auree perché si intuisce meglio il perché si opti per determinate transazioni il ricorso a questa od a quella valuta.
8 E' questa in media l'aliquota fiscale massima prevista in molti Paesi del primo mondo.
E' lui che fa le regole del gioco e mentre noi giochiamo a risolvere i problemi con la politica lui ci schiavizza con la nostra moneta.
Se pensate che le cose son così e non si possono cambiare allora resterete degli schiavi per sempre; una catena d'oro è sempre una catena. Come dice Ezra Loomis Pound: Schiavo è colui che aspetta l'aiuto di qualcuno per essere liberato.
A tal fine nasce la moneta.
In principio la moneta viene coniata ricorrendo all'utilizzo di materiali preziosi quali l'oro e l'argento. In tal modo la moneta poteva essere scambiata su qualsiasi mercato poiché, anche prescindendo dal valore nominale della stessa, essa era in sé un bene prezioso poiché raro era il materiale di cui era composta.
L'evoluzione dei traffici economici spinge una nuova classe emergente, quella dei mercanti, a ricorrere a strumenti più veloci ed efficienti per effettuare i pagamenti. In un'epoca dove la navigazione è ancora molto rischiosa si rende poco conveniente portar con sé dell'oro sotto forma di moneta. Al fine di rimediare a questo inconveniente si sviluppano in Europa, accanto alla classe dei mercanti, i primi banchieri.
I banchieri ricevono in deposito il denaro (l'oro) dai mercanti e consegnano a questi dei documenti (cartacei) con l'ordine di pagare alla presentazione di detto foglio il medesimo quantitativo di denaro che si trova presso il banchiere di un'altra piazza.
L'operazione è molto conveniente: se io, mercante, voglio sviluppare i miei traffici nelle Indie posso recarmi presso un banchiere in Europa e, senza correre il rischio di dover portare su una nave molto oro, posso con un semplice pezzo di carta ricevere quell'oro a migliaia di chilometri di distanza; in fondo è vero che non riceverò proprio il mio denaro, ma il denaro è sempre lo stesso. Ciò che conta è che la gente riconosca che il pezzo di carta che mi ha dato il banchiere in Europa possa essere usato nelle Indie come se fosse oro, poiché chi prenderà detto foglio potrà sempre recarsi da un altro banchiere ed ottenere dell'oro.
Tale operazione comporta due vantaggi per il banchiere: il primo, palese, è dato dal prezzo per l'operazione effettuata (il banchiere è, infatti, un imprenditore privato che offre un servizio e pertanto ottiene un corrispettivo per lo stesso); il secondo, occulto, deriva dalla possibilità di zigrinare la moneta ed ottenere un po' d'oro da questa (la testimonianza di questa operazione di zigrinatura si scorge ancora oggi sulle monete presenti in tutto il mondo, queste infatti sono zigrinate sui bordi in "omaggio" a questa antica pratica), oro di cui il mercante si appropria senza pagare alcunché.
Tale sistema determina la nascita dei titoli di credito: il foglio di carta su cui c'è scritto quanto oro ha il soggetto che possiede il foglio stesso diventa, nella comune percezione delle persone, non più rappresentativo di un bene (l'oro), ma dotato di un proprio valore (estrinseco, poiché deriva dall'esterno cioè dalla gente, a fronte di un valore intrinseco pari a zero; il titolo non è altro che un comune pezzo di carta).
Detta pratica appare così agevole che con il passare dei secoli anche le monete vengono soppiantate dalle banconote in virtù di una semplice operazione: piuttosto che battere tante monete si decide di stampare tante banconote che corrisponderanno a quanto oro verrà depositato a chi stampa la moneta. Nasce così la carta-moneta. Se ad esempio mi vengono dati 10 chili di oro ed emetto 10 banconote ogni banconota avrà un controvalore in oro di 1 chilogrammo di oro.
Pertanto ad ogni banconota corrisponde un determinato quantitativo d'oro, in modo inversamente proporzionale al numero di banconote emesse; tale rapporto determina il valore della moneta ed, in teoria, più grande sarà il quantitativo di oro rappresentato maggiore sarà il valore della moneta. In virtù di questo sistema si vengono a determinare sul mercato internazionale i rapporti di cambio tra le valute.
Tale sistema dell'oro, almeno in teoria, ha un suo obiettivo: garantire gli scambi internazionali. Se ad esempio ricevo un pagamento in dollari americani so che potrò sempre chiedere la conversione in valuta locale e successivamente andare in banca ed ottenere dell'oro.
In realtà mai nessuno è andato in banca a chiedere l'oro. Ed è proprio per questa constatazione che nel 1944 (poco prima della fine della seconda guerra mondiale) viene siglato un accordo nella città di Bretton-Woods al fine di creare (dal nulla) un nuovo parametro di conversione: la media ponderata tra il valore delle principali monete dell'epoca.
Qualche decennio dopo, in forza di quel famoso accordo si è deciso di poter garantire l'emissione con la stessa moneta emessa (giacché il valore di quest'ultima non era più collegata ad un parametro interno, cioè l'oro detenuto dal singolo Paese, ma dalla media ponderata delle varie monete) giacchè si è deciso di ancorare il valore della stessa a nuovi parametri quali il rapporto tra deficit e P.I.L.1 Le banche pertanto non sono più tenute ad avere dell'oro in banca ma, accanto a questo, tante banconote in base al rapporto di cui sopra. In pratica la carta garantisce la carta2.
Il problema è che quella carta ha un costo.
E questo costo non è quello di produzione: cioè quello della lavorazione della materia prima, della stampa e della distribuzione. In realtà tutta la carta che viene prodotta viene prestata agli Stati in base al valore che sulla stessa è impresso, a cui si deve aggiungere un tasso d'interesse (variabile in base a dei parametri che non hanno nessuna logica) quale costo dell'operazione di prestito.
Ma quale rischio ha sostenuto l'imprenditore privato che produce la carta, o meglio le banconote?
Nessuno.
Avete capito bene: Nessuno.
Se pensiamo a quella che è la definizione comunemente accolta di imprenditore (soggetto che svolge un'attività economica assumendosi il rischio della stessa) comprendiamo come la banca non può essere considerata tale, ed infatti per i più la banca centrale è pubblica.
Ma ciò è falso.
La banca centrale italiana viene comunemente chiamata Banca d'Italia; in realtà è una società privata3, come la FIAT o la Ferrero, che presta i soldi allo Stato italiano. O meglio li prestava, giacché attualmente Bankitalia S.P.A. (con sede alle isole Cayman, il paradiso fiscale) è socia di un'altra società privata, la Banca Centrale Europea, che presta il denaro che stampa a tutti gli stati dell'Unione Europea.
Pensate che ciò sia falso? Domandatevi allora: chi è il creditore pubblico?
Se esiste un debito deve necessariamente esistere un credito e, poiché debito e credito fanno rispettivamente capo a dei soggetti, deve necessariamente esserci un creditore ed un debitore. Tali soggetti per forza di cose non possono essere la stessa persona: potete forse voi essere creditori e debitori di voi stessi? Potete chiedere a voi stessi un prestito e corrispondervi un interesse dell'1%?
Certamente no, a meno che non siate pazzi.
Se ciò è chiaro bisogna allora domandarsi: ma se lo Stato ha un debito (pubblico, proprio perché è dello Stato) chi vanta questo credito?
La banca centrale. Che non può essere dello Stato poiché se così fosse lo Stato sarebbe così deficiente da indebitarsi con se stesso.
Lo Stato purtroppo non è deficiente; è qualcosa di peggio.
Lo Stato attribuisce il potere di stampare moneta a delle società private, le banche centrali, e si indebita con queste perché pensa non di ricevere della carta ma il valore nominale che sulla carta è impresso.
Posto che la banca centrale è una società privata questa operazione ha un costo: l'interesse. Il saggio di interesse che la banca centrale applica è il prezzo che lo Stato deve pagare per avere il suo denaro.
Il denaro emesso, infatti, riceve valore poiché lo Stato lo riconosce come buono.
In realtà così facendo lo Stato si indebita senza via di fuga e perde ogni potere.
Se tutto dipende dal denaro chi controlla il denaro controlla tutto. Un medico può anche prestare la sua opera gratuitamente, ma avrà sempre bisogno degli strumenti per curare i suoi pazienti e se non ha il denaro non potrà acquistarli.
Ma perché non vi è via di fuga?
La risposta è molto semplice: perché l'interesse non esiste.
Se la banca centrale presta allo stato 100 banconote con un interesse dell'1% annuo alla fine dell'anno lo Stato dovrà restituire 101 banconote.
Corretto.
Ma in realtà le sole banconote esistenti sono 100, è solo la banca centrale che crea le banconote e queste sono 100; non ne esistono 101 e non ne esisteranno mai.
In tal modo tutti gli Stati si rendono schiavi delle banche che diventano così creditori di tutti i popoli della terra.
Ed a causa di questo interesse che lo Stato è costretto a tassare la ricchezza prodotta: le tasse, infatti, servono a pagare i servizi che lo Stato offre ai suoi cittadini. Per pagare questi servizi usa il denaro che riceve in prestito, che pertanto non appartiene allo Stato4.
Lo Stato, ovviamente, riconosce che quel denaro è "buono"5.
Ma questo denaro non gli appartiene, non è suo. Lo Stato, pertanto, è costretto a chiedere ai cittadini le tasse per pagare i suoi debiti (questa volta però il denaro non viene chiesto in prestito ma viene "sottratto" per sempre ai cittadini; così facendo questi si vedono sottratti parte del denaro che hanno lavorato).
Ma questo debito, che viene definito pubblico proprio perché fa capo allo Stato, non può essere saldato poiché il denaro richiesto per pagare il debito non esiste.
Ed allora cosa si fa?
Si riduce la spesa pubblica. Si chiedono cioè meno soldi alla banca centrale, si spendono meno soldi in servizi e si spera che tutti paghino le tasse.
Ma anche questo è inutile perché quell'interesse non può essere pagato: NON ESISTE!!
In realtà se la moneta fosse emessa dallo Stato non sarebbe necessario pagare le tasse. Infatti verrebbe emesso denaro in relazione ai servizi da offrire al popolo. Ed i lavoratori vedrebbero tutelati i loro sforzi poiché il denaro guadagnato rimarrebbe integralmente nelle loro tasche.
Ma quello della tassazione che non potrà mai pagare il debito pubblico non è l'unico problema. Ce n'è un altro: l'inflazione.
L'inflazione è il rapporto esistente tra la quantità di denaro emessa ed i beni circolanti.
Più denaro c'è in circolazione più costano i beni. E questo prezzo aumenta perché essendoci tanto denaro vuol dire che ogni singola banconota conterrà meno oro6.
A che voi direte: ma se oggi non c'è più l'oro questo discorso perde totalmente senso.
Ed infatti così dovrebbe essere ma, grazie a questo "simpatico" fenomeno, la banca emette meno moneta ad un costo più alto per far si che l'inflazione resti bassa.
Apparentemente lo fa per il bene dello Stato, in realtà lo schiavizza due volte: lo costringe a spendere di meno in servizi da un lato, e dall'altro determina delle fluttuazioni, volute e dannose, dei prezzi che annullano il ruolo dello Stato nel controllo dell'economia.
Se non circola denaro non posso produrre poiché non c'è denaro per comprare ciò che produco, al bene attuale non corrisponde un'unità di misura (il denaro) perciò la ricchezza presente non potrà essere scambiata con quella che verrà prodotta in futuro.
Ad esempio, se io produco 10 mele ed un altro 10 bottiglie di vino in teoria io posso scambiare ogni mela per una bottiglia o anche 2 mele per ogni bottiglia. La proporzione tra mele e bottiglie, 1 a 1 o 2 a 1, non è causale ma è determinata dalla legge delle domanda e dell'offerta: nel senso che se insieme a me c'è un altro che produce mele ed è disposto a pagare 2 mele per ogni bottiglia allora chi vende le bottiglie avrà interesse a vendere per 2 mele.
Il denaro serve solo ad evitare che io debba girare con un cesto di mele per far la spesa. Vendo le mele, mi danno dei pezzi di carta che io riconosco corrispondere al valore delle mele; do i pezzi di carta ad altri che, riconoscendo un valore a questa carta, mi danno in cambio i beni che loro producono.
Se il sistema funzionasse così non ci sarebbero problemi. Tanti beni tanta carta.
Ovviamente non tutti i beni esistono nello stesso momento. Pertanto è necessario che il denaro venga dato a chi produce i beni quando questi vengono ad esistenza.
Nella realtà il denaro viene creato senza tener conto di quanti beni verranno prodotti. O meglio, si fanno dei calcoli ma se poi si producono più o meno beni non si provvede ad aumentare o a diminuire il denaro circolante; non lo si fa perché quel denaro è stato dato in prestito e pertanto lo Stato l'ha già pagato.
E ciò è sbagliato perché il denaro non è altro che uno strumento di misura! Se devo misurare quant'è alto un muro non ricorrerò all'utilizzo di un metro da sarto, lungo appena 200 cm, ma utilizzerò un metro da carpentiere che mi permetta di avere la lunghezza giusta per effettuare la misurazione. E così dovrebbe essere per la moneta.
La moneta è infatti lo strumento con cui si misura il valore di scambio dei beni: se per un chilo di pane occorrono due bottiglie di latte dovrò emettere tante monete in modo da rispettare questa proporzione.
Darò, ad esempio, due euro a chi produce il pane ed un euro a chi produce il latte (cioè 50 cent per ogni bottiglia). In questo sistema il valore base di riferimento è la bottiglia di latte. Se questo rapporto viene mantenuto costante in base all'andamento della produzione, cioè per ogni nuovo chilo di pane vengono emesse monete così come per ogni bottiglia di latte, l'inflazione scompare.
Pertanto chi vende il bene oggi a quel dato prezzo sa di poter acquistare tot beni anche domani e dopodomani così come tra un anno.
Nella realtà questa previsione viene vanificata poiché non viene emesso il denaro in corrispondenza dei beni realmente prodotti. E non viene emesso poiché quel denaro, come detto prima, ha un costo. E questo costo fa aumentare il prezzo stesso dei beni che pertanto viene determinato da un prezzo reale (dato dai costi di produzione) e da un prezzo riferibile alla minor quantità di denaro esistente rispetto ai beni prodotti.
Di conseguenza se non circola denaro non vale la pena produrre, perché se è vero che ci saranno beni che costeranno più del loro valore reale ce ne saranno altri che costeranno di meno del loro valore reale; pochi ricchi e molti poveri non fanno un Paese felice, anche se si è in vetta alle classifiche mondiali (vedi Cina ed India).
Infatti, come nel caso della coperta troppo corta o ci si copre i piedi o le spalle; se c'è poco denaro ci sarà qualcuno che ne ha tanto ed altri che ne avranno poco o affatto. E chi ne ha molto non può certo assorbire tutta la produzione: in una crisi di liquidità come quella attuale (dove le banche mettono in circolazione poco denaro) la produzione dei beni comuni tende a ridursi mentre quella dei beni di lusso ad aumentare.
Nel caso in cui circoli troppo denaro lo Stato perde la Sua sovranità monetaria. Troppo denaro sta a significare che le banconote valgono sempre meno oro7; la gente, pertanto, tende a richiedere il pagamento con moneta forte (a cui corrisponde un quantitativo d'oro maggiore). Ma se i cittadini di uno Stato non riconoscono per buona la loro moneta allora non riconoscono come loro neanche il proprio Stato che pian piano perde autorevolezza e lentamente scompare (vedi la fine dell'U.R.S.S.).
Da quanto detto si desume che ciò che regge le sorti dello Stato è la banca centrale. Un soggetto privato che decide quante tasse dobbiamo pagare, quanta gente deve morire per mancanza di ospedali, quanti anni di mutui dovremmo pagare per essere proprietari delle nostre case.
E che sacrifici compie questo soggetto privato?
Nessuno.
Stampa moneta; è vero stampa della carta raffinata, ma sempre carta è. E presta questa carta allo Stato, il quale riconosce questa carta come la propria moneta ma non sa che non potrà mai pagarla. Perché la carta che serve per pagare la carta non esiste.
Cos'è il signoraggio dunque?
E' la differenza tra il costo della carta (la banconota, circa 30 centesimi di euro) ed il valore nominale impresso sulla banconota (ad es. 500 euro). Basta un attimo per stampare un po' di banconote ed avere ottenuto un profitto stratosferico (la differenza tra 500 e 0,30 euro moltiplicato per tutte le banconote da 500 € che vengono prodotte e così via per i diversi tagli).
Ma non è finita qui.
Lo Stato deve pagare l'interesse; perché questa carta a cui tu Stato dai il nome di moneta non è tua, è della banca.
Vi sembra che non ci sia soluzione? Sbagliato!
La soluzione c'è; è semplice:
Revocare alle banche il diritto di emettere moneta;
Stampare la moneta in proprio, quindi senza dover pagare interessi.
Così facendo si elimina il debito pubblico, si creano i servizi necessari e si eliminano le tasse.
Non è impossibile; è così semplice che sembra irreale.
L'unica follia è pretendere di dover pagare un debito che è impossibile pagare; dover restituire ad una banca una somma aumentata degli interessi senza che questa abbia affrontato alcun sacrificio.
Forse quanto detto non vi convincerà. Ma non c'è nulla di cui convincersi; questa è solo la verità.
Tutti i soggetti qualificati a cui chiederete delucidazioni sulla questione vi diranno che ciò che è scritto in queste poche pagine è follia; vi diranno che il compito della Banca centrale è quello di tenere basso il debito pubblico. Ebbene, quando sentirete parlare di debito pubblico chiedetevi e chiedete loro chi è il Creditore Pubblico.
Chiedetevi perché non vi parlano mai del creditore; di certo non può essere lo Stato: non è possibile essere debitore e creditore di se stessi.
E soprattutto chiedete loro come pagare un interesse che non esiste, da dove far saltare quella moneta che corrisponde all'interesse e che non è stata mai prodotta.
Continuate a pagare le tasse, continuate a lavorare per il Creditore. Il suo credito non si estinguerà mai, e voi trascorrerete fino al 50% della vostra vita lavorativa a lavorare inutilmente per lui.
E' lui che fa le regole del gioco e mentre noi giochiamo a risolvere i problemi con la politica lui ci schiavizza con la nostra moneta.
Se pensate che le cose son così e non si possono cambiare allora resterete degli schiavi per sempre; una catena d'oro è sempre una catena. Come dice Ezra Loomis Pound: Schiavo è colui che aspetta l'aiuto di qualcuno per essere liberato.
1 Cioè il rapporto tra la spesa pubblica (deficit; inclusivo del debito dello Stato nei confronti della Banca centrale) ed il Prodotto Interno Lordo (cioè la ricchezza prodotta).
2 In realtà ciò è in parte vero: la quantità di denaro che le banche devono tenere depositate presso le loro casse è pari al 2% dei depositi. Se una banca ha depositi per 100 presso le sue casse vi saranno solo 2 (c.d. riserva frazionaria). E gli altri 98? Gli altri 98 vengono prestati a coloro che hanno bisogno di denaro o in investimenti ad opera della stessa banca. Chi deposita è invogliato a farlo perché riceve un interesse e di solito lascerà sempre una certa somma sul suo conto; questo denaro che resta sul conto non rimane lì fermo altrimenti la banca dovrebbe creare l'interesse dal nulla. Ed allora che fa? Lo presta a chi ha bisogno di denaro per un interesse maggiore di quello che ottiene chi deposita. Rischia il suo denaro? Assolutamente no! Rischia il denaro dei risparmiatori e lucra la differenza tra l'interesse di chi chiede un prestito e l'interesse che deve pagare al risparmiatore. Questo interesse può essere più o meno alto ma, ad ogni modo, è "tutto grasso che cola" perché per ottenerlo non è stato fatto alcun sacrificio.
3 Le quote di partecipazione al suo capitale sono per il 94,33% di proprietà di banche private e assicurazioni, per il 5,67% di enti pubblici (INPS e INAIL).
I pricipali soci sono i seguenti: Intesa San Paolo S.P.A. (capitale: 30,3%; voti: 50), UniCredito Italiano S.P.A.(22,1%; 50), Assicurazioni Generali S.P.A. (6,3%; 42), Cassa di Risparmio di Bologna S.P.A. (6,2%; 41), INPS (5%; 34), Banca Carige S.P.A.(4%; 21), Banca Nazionale del Lavoro S.P.A.(2,8%; 21), Banca Monte dei Paschi di Siena S.P.A. (2,5%; 19), Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.P.A. (2,1%; 16), cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.P.A. (2%; 16).
4 Nessuno può prestare a se stesso ciò che è suo; il prestito necessita di due soggetti diversi: chi presta il bene e chi lo riceve in prestito. Lo Stato riceve in prestito il denaro che appartiene alla Banca centrale.
5 Tutti i cittadini, infatti, considerano il denaro emesso dalla Banca centrale quale idoneo mezzo per effettuare i pagamenti presenti e futuri; è cioè una valida unità di misura della ricchezza poiché può trasformarsi in qualsiasi bene.
6 Questo è quello che accadeva fino a qualche decennio fa. Il riferimento all'oro viene ripreso nel testo perché è più intuitivo per capire come la moneta tenda a svalutarsi. Oggi al parametro oro viene sostituito, per determinare il valore della moneta, il rapporto deficit/P.I.L. .
7 Si utilizza qui il riferimento alle riserve auree perché si intuisce meglio il perché si opti per determinate transazioni il ricorso a questa od a quella valuta.
8 E' questa in media l'aliquota fiscale massima prevista in molti Paesi del primo mondo.
E' lui che fa le regole del gioco e mentre noi giochiamo a risolvere i problemi con la politica lui ci schiavizza con la nostra moneta.
Se pensate che le cose son così e non si possono cambiare allora resterete degli schiavi per sempre; una catena d'oro è sempre una catena. Come dice Ezra Loomis Pound: Schiavo è colui che aspetta l'aiuto di qualcuno per essere liberato.
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